Sarà soffice, porosa, di colore avana e gradevole
all'olfatto. E' la nuova carta, completamente
biologica, che arriverà sul mercato grazie alla
moderna tecnologia impiegata da un gruppo di
ricercatori e ad un brevetto realizzato dal
Consiglio Nazionale delle Ricerche e dall'Università
della Tuscia di Viterbo che, forse per primi al
mondo, hanno studiato un sistema per realizzare
carta di fibre vergini utilizzando i residui
agricoli delle colture di mais, grano, cotone, riso
e palma da cocco nonché di piante da fibra come
ginestra, kenaf e sorgo da fibra, che lasceranno
anche il loro gradevole profumo sul nuovo prodotto.
Questo tipo di carta ha il grande vantaggio di
essere costituito esclusivamente da fibre vergini e
quindi completamente atossiche, a differenza di
molte carte esistenti sul mercato. Proprio per
questo l'uso ideale sarà quello per alimenti: "La
nostra tecnica - spiega il prof. Giovanni
Giovannozzi Sermanni, ordinario di Biochimica
Agraria presso l'Università di Viterbo e papà di
questo brevetto assieme al CNR - prevede in effetti
esclusivamente l'utilizzazione di prodotti naturali
- i residui agricoli appunto - che vengono anche
impiegati per ottenere gli enzimi necessari per fare
la pasta di cellulosa. In questo modo la produzione
degli enzimi diventa un processo ad effluente zero,
un fatto piuttosto raro nell'uso dei reattivi a fini
industriali".
Il nuovo sistema, allo stato attuale di sviluppo,
potrà garantire soltanto poche migliaia di
tonnellate di carta, comunque particolarmente utili
per il settore alimentare, ma le potenzialità della
tecnologia consentono di pianificare uno sviluppo
industriale compatibile con l'attività primaria
agricola e nel rispetto dell'ambiente nel quadro di
riferimento della produzione mondiale di milioni di
tonnellate annue. Il CNR e l'Università della Tuscia
contano di poter realizzare questo sviluppo a breve
grazie ad un importante accordo di collaborazione:
"Abbiamo firmato - precisa il responsabile del
Progetto CNR Giovannozzi Sermanni - un'intesa con la
più innovativa azienda italiana nel settore delle
biotecnologie, la Bioren di Roberto Crea e Antonio
Mele, che prevede lo sviluppo ulteriore della
tecnologia e la costruzione di un primo impianto
prototipo nella zona del Metapontino in Basilicata,
presso il centro di ricerca della Metapontum
Agrobios partecipata e diretta da Bioren. L'attività
industriale verrà estesa al Nord, per sfruttare
soprattutto i residui di mais, e al Sud quelli di
grano.
Crea e Mele sono peraltro dei pionieri della moderna
biotecnologia, con importanti realizzazioni a
livello industriale internazionale e adesso hanno
deciso d'investire in Italia le proprie risorse ed
esperienze di ricercatori e manager nell'attività di
trasferimento di progetti dal settore pubblico ad
attività industriale in quello privato, attività in
cui la Bioren S.p.A. è attiva dal 1998.
La nuova tecnologia CNR-Università della Tuscia
nelle mani di Bioren può rappresentare una grande
occasione di rilancio per le nostre cartiere che,
pur vantando una gloriosa tradizione, sono scomparse
da tempo sotto la pressione delle grandi
multinazionali e dei problemi connessi con
l'inquinamento dovuto all'uso abbondante di prodotti
chimici. E può essere un motivo di orgoglio anche
per gli ambientalisti, che potrebbero festeggiare
l'arrivo della prima carta al mondo veramente
"pulita".
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