Alcuni ricercatori italiani (Giulio De Leo
dell'Università di Parma, Luca Rizzi e Andrea Caizzi
del Centro Elettrotecnico Sperimentale Italiano e
Marino Gatto del Politecnico di Milano) hanno voluto
verificare se è vero che l'adesione al Protocollo di
Kyoto comporta un notevole peso economico per i
paesi sviluppati come l'Italia. A questo fine hanno
considerato l'intero settore della produzione
elettrica, che è responsabile di circa un terzo
delle emissioni di gas serra, e hanno fatto un
bilancio monetario di tutti i costi: quelli
industriali di produzione, ma anche i costi
comportati dai danni alla salute umana, ai
manufatti, all'agricoltura e all'ambiente. Stime
relative a questo secondo tipo di costi sono ora
disponibili come risultato di approfonditi studi
condotti in Europa e negli Stati Uniti (da citare
specialmente il progetto ExternE dell'Unione
Europea). I costi associati agli impatti su scala
locale sono abbastanza certi, mentre quelli
associati al riscaldamento globale sono più incerti.
I risultati delle ricerche dei quattro ricercatori
italiani sono comparsi questa settimana su Nature. È
stato trovato che sarebbe economicamente vantaggioso
per l'Italia cambiare le strategie di produzione
elettrica per conformarsi al Protocollo di Kyoto.
Infatti questo cambiamento comporterebbe nel 2010 un
riduzione dei gas serra del 17 per cento, un
risparmio di 1800 milioni di euro all'anno in costi
ambientali e un aumento dei costi industriali di 300
milioni di euro. Perciò il risparmio monetario netto
sarebbe di 1500 milioni di euro all'anno in aggiunta
ai benefici non monetizzabili dovuti alle minori
emissioni. Questo risultato potrebbe essere
raggiunto producendo la stessa quantità di energia
con un'opportuna miscela di tecnologie. In
particolare bisognerebbe impiegare più gas, meno
carbone e petrolio, più sorgenti rinnovabili e fare
maggior uso di cogenerazione (produzione combinata
di energia elettrica e termica). l'analisi è stata
condotta anche nel caso in cui il costo associato al
riscaldamento globale venisse considerato nullo. Il
risultato interessante è che sarebbe comunque
vantaggioso aderire al Protocollo di Kyoto, perché
la riduzione dell'inquinamento locale e dei relativi
costi è una ragione sufficiente per diminuire
l'utilizzo di quei combustibili che sono
responsabili dell'effetto serra. Questo significa
che anche se gli scienziati non concordano su quanto
il clima della Terra sarà influenzato dalle
emissioni di gas serra, questa incertezza non va
presa come una scusa per sabotare il Protocollo di
Kyoto. In altre parole, qualunque sia l'opinione dei
decisori politici a proposito del riscaldamento
globale, sarebbe opportuno riprogettare le strategie
di produzione dell'energia elettrica e termica anche
solo per evitare i costi locali che sono legati, per
esempio, ai danni per la salute umana dovuti
all'inquinamento atmosferico, alla riduzione della
produzione agricola causata dalle precipitazioni
acide o alla pulizia e conservazione dei monumenti.
Perciò, contrariamente a quanto sostenuto da alcuni
politici e anche da alcuni scienziati, non è saggio
respingere gli obiettivi fissati dal Protocollo di
Kyoto perché alcune nazioni in via di rapido
sviluppo (Cina e India per esempio) sono state da
esso esentate. Anche se questa esenzione è
probabilmente non del tutto giusta e potrà essere
ridiscussa in futuro, nel frattempo i paesi
sviluppati non danneggeranno le loro economie
riducendo le emissioni di gas serra, ma anzi
produrranno benefici economici per i loro cittadini.
Molto verosimilmente ne beneficeranno anche tutti i
cittadini del mondo!
Fonte: boiler.it.
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