Bush ha annunciato che il suo governo non imporrà la
riduzione delle emissioni di anidride carbonica alle
centrali elettriche americane, nonostante avesse
promesso esattamente il contrario sia durante la
campagna elettorale che alla riunione del G8 a
Trieste, dove il ministro dell'ambiente Christine
Whitman aveva confermato quell'impegno.
Il presidente americano ha sottolineato che
l'anidride carbonica non è considerata un fattore
inquinante dal Clean Air Act, la legge americana
sull'inquinamento atmosferico, aggiungendo che
mettere dei tetti alle emissioni di CO2 farebbe
aumentare le bollette dell'energia elettrica,
proprio in un momento in cui c'è una seria penuria
di energia e i prezzi aumentano.
"E' insultante per il popolo americano che il
presidente Bush usi la crisi elettrica come scusa
per consentire a centrali elettriche vecchie e
inefficienti di continuare a inquinare la nostra
aria", ha subito commentato il deputato democratico
George Miller, eletto in California dove più acuta è
la crisi energetica.
Sono bastati solo 60 giorni al presidente americano
per abbandonare la promessa più precisa che avesse
fatto in materia ambientale durante la campagna
smentendo il suo stesso ministro.
Con queste dichiarazioni Bush rende ancora più
difficili gli sforzi politici per combattere
l'effetto serra,
proprio quando un gruppo di parlamentari democratici
e repubblicani aveva faticosamente messo a punto un
progetto di legge che impone dei limiti alle
missioni di anidride carbonica.
Il governo giapponese è stato tra i primi ad
esprimere il proprio rammarico, dichiarando che se
gli Stati Uniti non prenderanno misure per ridurre i
gas responsabili dell'effetto serra, ciò potrebbe
seriamente limitare l'efficacia del protocollo di
Kyoto, raggiunto nel 1997 sotto l'egida dell'Onu che
è stato firmato dal governo americano, ma non
ratificato dal Senato.
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