Stando ad uno studio
britannico, un maggior numero di antenne renderebbe
meno dannosa l'infrastruttura di telecomunicazione
della telefonia mobile.
Secondo Alasdair Philips, ingegnere e chairman del
gruppo Powerwatch, il problema è nella enorme
potenza delle antenne, necessaria per
"l'irradiazione" di aree molto ampie. Tanto che una
riduzione dei rischi associati alla telefonia mobile
passerebbe per l'aumento nel numero delle antenne,
con apparecchi di minor potenza. Un maggiore numero
di antenne ridurrebbe in modo considerevole
l'esposizione degli utenti di telefonia mobile".
Philips ritiene che con la telefonia mobile di terza
generazione i problemi saranno minori non solo
perché più numerosi saranno i "ripetitori" ma anche
perché l'emissione di segnali è costante, anziché
intermittente. Un dettaglio che Philips ha giudicato
"strutturalmente più sicuro" per la salute.
Secondo l'ingegnere, ciò che va ancora chiarito sono
gli effetti biologici dell'esposizione alle
emissioni dei cellulari: "La maggioranza dei tumori
ci mettono 20 o 30 anni ad emergere. Non sappiamo
quali siano gli effetti sul lungo periodo. Prove di
ricerca iniziano a mostrare che è consigliabile
minimizzare l'uso dei cellulari. E proprio in queste
ore uno studio condotto dall'oncologo svedese
Lennart Hardelle della Orebro University sembrerebbe
indicare possibili guai ai pesanti utilizzatori dei
cellulari di prima generazione.
Secondo Hardell, infatti, chi ha utilizzato per più
di due ore al giorno e per almeno cinque anni tra
gli anni '80 e '90 i telefoni cellulari, ha il 26
per cento di possibilità in più di sviluppare tumori
al cervello. Per chi li ha usati per più di dieci
anni questo rischio, secondo Hardell, sale al 77 per
cento.
L'affermazione si basa su uno studio condotto su due
gruppi di utenti da 1.600 persone l'uno. In uno dei
due gruppi si trovavano solo utenti assidui di
telefonia mobile in quegli anni, utenti che
avrebbero sviluppato tumori nella parte del cervello
più esposta ai cellulari 2,5 volte di più dei
non-utenti.
Hardell ha comunque sottolineato che questo studio
riguarda soprattutto l'utenza della prima
generazione di cellulari, apparecchi che producevano
quattro volte le emissioni dei device di ultima
generazione. E ha affermato che, sebbene sia
consigliabile "andarci piano" con i cellulari, è
impossibile mettere in relazione i risultati del suo
studio con i rischi legati ai telefonini più
moderni.
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