La consistenza delle
foreste italiane potrebbe assumere un'importanza
strategica per mantenere gli impegni italiani di
abbattimento delle emissioni dei gas ad effetto
serra. Le sole chiome nostrane se conteggiate come
fattore di riduzione, sarebbero in grado di
assolvere al 24% dell'obiettivo italiano del
protocollo di Kyoto, ovvero ridurre entro il
2008-2010, del 6,5% di gas ad effetto serra rispetto
ai livelli del 1990. Questo modo di conteggiare le
riduzioni di CO2 in passato non ha convinto la Ue,
tanto da essere tra le principali cause della
rottura delle trattative con gli Usa per la ratifica
del protocollo di Kyoto.
Solo le nuove aree destinate a foresta rispetto al
1990 dovrebbero essere considerate una diretta
riduzione delle emissioni di gas, e non la
superficie complessiva, poiché preesistente.
In base ai dati della Relazione sullo stato
dell'ambiente 2001, che non considerano comunque le
formazioni forestali minori, le foreste ricoprono
6,8 milioni di ettari, pari al 22,7% del territorio
nazionale, si stima che con i boschi minori si possa
raggiungere quota 10 milioni di ettari.
Il livello di utilizzo dei boschi ai fini produttivi
e' piuttosto basso (1,7%). Per gli imboschimenti e i
miglioramenti boschivi sono stati stanziati, dal
1994 al '99, circa 1.600 miliardi di lire. La
superficie imboschita ex novo, soprattutto di
latifoglie pregiate quali ciliegi, noci, aceri, e'
stata di almeno 54 mila ettari, mentre miglioramenti
di boschi degradati hanno riguardato circa 21.000
ettari.
Le foreste italiane sono grandi assorbitori di CO2,
uno dei principali gas ad effetto serra. Mediamente,
negli anni '90, hanno assorbito attraverso le chiome
degli alberi una quantita' pari a circa 24 milioni
di tonnellate di anidride carbonica all'anno, che
rapportata alle emissioni pari a circa 450 milioni
di tonnellate all'anno, ne rappresenta il 5%.
Sul fronte degli incendi. il 2000 e' stato un anno
record con 8.600 incendi (di cui il 60% dolosi) che
hanno mandato in fumo 110 mila ettari di territorio
di cui la meta' boscata per una media di 13 ettari
bruciati ogni incendio.
Altro grave fenomeno è quello del deperimento dei
boschi, che sta interessando principalmente l'abete
rosso e varie specie di pino (tra le conifere),
nonche' il faggio, il pioppo e soprattutto le
querce. Queste ultime, diffuse su circa un milione e
settecentomila ettari, rappresentano piu' di un
quarto della superficie forestale nazionale; il
processo di deperimento delle querce (causato spesso
dai funghi) e' gravissimo in diverse zone del
meridione dove tocca percentuali vicine al 60%.
A questa situazione si aggiunge una nuova minaccia,
segnalata dall'Integrated Monitoring of Ecosystem,
la task force del programma delle Nazioni Unite. Si
tratta del mix micidiale dell'inquinamento
atmosferico combinato ai cambiamenti climatici che
rischia di compromettere gravemente i polmoni verdi
del vecchio continente.
Solo per quanto riguarda la pianura padana, ogni
anno si depositano oltre 30 chili di azoto per
ettaro. Le concentrazioni di ozono, poi, raggiungono
sul territorio nazionali picchi di 60-70 parti di
miliardo. Si determina, così, danni non solo alla
vegetazione ma anche a falde acquifere e corsi
d'acqua
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