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Rischi diversi per la carne rossa lavorata industrialmente e quella fresca (05/12/2013)

Il rischio relativo a cuore e diabete legato al consumo di carne riguarda i prodotti lavorati industrialmente, più che quelli non lavorati. Lo affermano i ricercatori della Harvard School of Public Health (HSPH) che in un'analisi di 1.600 studi scientifici, dai quali sono stati selezionati i 20 più rilevanti che si riferivano a 1.218.380 persone di 10 stati in 4 continenti (Nord America, Europa, Australia ed Asia), hanno evidenziato che mangiare carne lavorata industrialmente, come pancetta, insaccati carne pre-cucinata o additivata è legato ad un incremento di rischio di problemi cardiaci del 42% e di diabete di tipo 2 del 19%. Per contro i ricercatori non hanno riscontrato incrementi di rischio per le persone che avevano mangiato carni rosse fresche di manzo, maiale o agnello non lavorate industrialmente.

Questo è il primo lavoro di revisione sistematica e meta-analisi di ricerca su cosa cambia mangiando carne lavorata industrialmente e non, a livello mondiale, in relazione alle malattie cardiovascolari ed al diabete di tipo 2.
D'altra parte la maggior parte dei precedenti studi ha analizzato le conseguenze legate al consumo di carne rossa senza distinguere tra quella lavorata e additivata e quella fresca.

Renata Micha, ricercatrice al department of epidemiology della della Harvard School of Public Health e principale autrice dello studio assieme con i colleghi Dariush Mozaffarian assistente professore al department of epidemiology e Sarah Wallace, ricercatrice alllo stesso dipartimento, hanno definito carne rossa non lavorata la carne di manzo, maiale o agnello, ma non di pollame, e carne lavorata industrialmente qualsiasi carne conservata tramite fumo, indurimento o essicazione o con salatura, o con l'aggiunta di conservanti chimici: esempi ne sono la pancetta, i salami, le salsicce, gli hot dog, i ragù o spezzatini pronti ed i piatti trasformati pronti da mangiare. In questi studi non sono stati considerati né i vegetali né le fonti di proteine legate al mare.

I risultati mostrano che, mediamente, ogni porzione giornaliera di 50 grammi di carne lavorata industrialmente è associata con un aumento del rischio di sviluppare malattie cardiache del 42% e diabete del 19%.

Questo tipo di analisi non permette di stabilire rapporti di causa-effetto certi anche per la molteplicità di elementi che influiscono su ogni dato, ma permettono pur sempre di stabilire delle relazioni.

Micha spiega che analizzando i nutrienti dei due tipi di carne, lavorata e non, negli Stati Uniti, i ricercatori affermano di avere trovato, mediamente, quantità analoghe di grassi saturi e di colesterolo.
Per contro le carni lavorate contenevano, mediamente, il quadruplo di sodio ed il 50% in più di conservanti a base di nitrato. Questo porta a pensare che la responsabilità del maggiore rischio di patologie cardiache e di diabete sia legato a questi contenuti, più che a quelli in grassi.
Se il sale fa crescere la pressione sanguigna i conservanti a base di nitrato hanno mostrato, negli animali, di promuovere l'aterosclerosi e di ridurre la tolleranza al glucosio, effetti che potrebbero fare crescere sia il rischio cardiovascolare che quello del diabete.

Viste queste differenze tra i due tipi di carne i ricercatori invitano, per il futuro, a studiare gli effetti legati al consumo di carni rosse in modo distinto tra i due tipi, anche per quanto riguarda i tumori, che, almeno nel caso di quello colorettale sono stati associati al consumo, generico, di carni rosse. L'invito è poi esteso anche allo studio dell'influenza di tutti gli altri additivi e trattamenti legati alle lavorazioni industriali delle carni.

Secondo Renata Micha, per concludere, basandosi su quanto trovato si può affermare che una porzione alla settimana di carni lavorate dovrebbe essere associata ad un rischio relativamente basso.

Per saperne di più sul colesterolo...

Per saperne di più
Harvard School of Public Health (HSPH)
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Marco Dal Negro